martedì 2 dicembre 2008

Alcune considerazioni sulla crisi amministrativa a Rossano

Mentre Renato Soru, presidente della Regione sarda, si dimette perché dichiara che “non si governa senza avere il consenso della maggioranza”, nella nostra città una grave implosione dentro la maggioranza di governo non è sufficiente a provocare nemmeno l’avvio di una riflessione seria tra le componenti politiche e nella società civile. Non discute la politica e neanche i partiti. Tacciono la città e le sue componenti sociali, forse anche per effetto di una disinformazione, o di una informazione ovattata, che non permette a nessuno di cogliere la pericolosità del momento politico che stiamo vivendo.
Assistiamo a un confronto a distanza, dal quale emerge, sempre con più chiarezza, la volontà, anche legittima, di contendere fette di potere e che lascia sullo sfondo, avvolte in una nebbia opaca, le ragioni vere di una crisi permanente. Oggi sono sotto gli occhi di tutti gli effetti determinati da un agire politico quanto meno discutibile: una evidente frantumazione del quadro politico risultato vincente alle ultime elezioni amministrative e, per effetto della legge, fortemente maggioritario; una palese quanto improvvida disgregazione della maggioranza, che perde vistosamente i numeri sfiorando limiti di delegittimazione; uno spostamento dell’asse politico cittadino sempre più al centro e sempre meno a sinistra e avviato alla costruzione di un monocolore intollerante alle istanze della pluralità; una compressione della partecipazione cittadina che ha come risultato immediato lo scadimento della democrazia.
So bene, perché ho imparato, quanta poca attenzione è stata e sarà data a simili considerazioni. Ritengo però che sia venuto il momento di adoperarsi perché lo scontro politico non resti impantanato nei livelli inferiori delle rivendicazioni di interessi circoscritti alla gestione e affronti i piani alti degli interessi generali.
C’è bisogno di aprire un confronto vero, forte, sulle cose fatte concretamente e su quelle che dovranno essere fatte in futuro, eliminando le muraglie delle primogeniture e delle pratiche propagandistiche. La crisi in atto, i bisogni insoddisfatti da sempre, il poco tempo rimasto a disposizione obbligano questa classe dirigente e la politica tutta ad affrontare temi come l’ambiente e lo smaltimento dei solidi urbani, l’urbanistica e il centro storico, le infrastrutture territoriali e lo sviluppo complessivamente inteso. C’è urgenza di porsi in rottura con il passato e di guardare a queste e ad altre questioni con forte spirito innovativo e con occhio attento ai venti di crisi.
Questa città non può più sopportare periodi di normalità sonnacchiosa. Deve scuotersi ed elevare la discussione sui problemi dalla soluzione dei quali dipende il suo avvenire e quello dei suoi cittadini.
Non è più tollerabile aspettare un domani migliore per metterli in agenda. Siamo ufficialmente in una crisi di maggioranza da gennaio scorso e stiamo assistendo a scontri tra parti e singoli che non si sognano nemmeno di incentrare il conflitto sulle diversità di programma e sui metodi da adottare. La lite, perché cosi è da definire, si sviluppa tutta sulla gestione del potere. Non sono così ingenuo da pensare che tutto ciò non sia legittimo, solo penso che lo scontro non possa avvitarsi solo su questo, pena l’arrotolarsi su se stesso e l’accantonamento dei problemi della gente. Molti di noi, e io tra questi, davano per finito questo balletto con il rimpasto della Giunta e l’imbarco delle cosiddette figure forti, a luglio. Devo constatare che non è così se oggi due partiti, Udeur e Sd, prendono pubblicamente le distanze dal sindaco e dalla maggioranza con conferenze nelle quali assumono posizioni nette e definitive. Salvo qualche giorno dopo leggere che riparte qualche trattativa più o meno ufficiale e tutta incentrata sulla speranza che i padroni del momento possano concedere qualche assessorato di risulta, sotto la pressione di poter svolgere normali attività di tipo formale come le assemblee consiliari, se non altro per gli adempimenti di legge come il consuntivo e il bilancio di previsione. Mi chiedo se sia possibile mettere fine a queste interminabili dispute tra privati e mettersi finalmente al lavoro in modo da utilizzare il tempo rimasto per riaccreditare la Politica, rendere utile la partecipazione e gettare le basi per ridare credibilità e produttività alla diversità culturale e al confronto tra le opinioni.

Franco Veneziano